Negli ultimi sei mesi l’attenzione dei media europei ha tornato a interessarsi dell’Amazzonia in fiamme.
Che cosa c’è di nuovo in questo?
La diffusione degli incendi non è una novità, ma quello che cambia è l’estensione dell’area che va in cenere e effettivamente negli ultimi anni la tendenza è all’aumento. Ad esempio, come spiegato nel dettaglio da questo articolo del Il Sole 24 Ore, nel 2018 la superficie bruciata è superiore a quella del 2017 dell’8,5%; si tratta di una tendenza stabile, infatti la somma delle superfici bruciate negli anni 2016-2018 è superiore a quella del triennio precedente.
Incendi? Deforestazione?
Gli incendi, tranne eccezioni, non sono finalizzati a distruggere per distruggere, ma hanno una precisa funzione legata allo sfruttamento del terreno. In piccola scala, il fuoco è una pratica colturale diffusa sin dall’antichità in America. In larga scala, è usata dalle grandi aziende agrozootecniche dopo aver abbattuto la foresta, per facilitare la preparazione del terreno. La relazione tra i due fenomeni si osserva chiaramente nel grafico in basso, dove sono mostrate le variazioni annuali nella deforestazione, nel numero di incendi e nell’area bruciata 1.
Proprietà della terra
Sebbene la materia sia dibattuta, si può dire che per il piccolo produttore l’uso del fuoco abbia un senso dal punto di vista economico 2. Avendo accesso a molta più terra di quella che può coltivare, può lasciare a riposo per molti anni una vasta area e bruciare solo parcelle con molta materia organica, che, sotto forma di cenere, diventa subito utile per le colture. La concimazione del terreno con materie prime naturali o chimiche, viceversa, può essere molto difficile per lui.
Non così per il grande produttore, per il quale converrebbe curarsi di terre già in uso, piuttosto che cercarne di nuove. Converrebbe? Sì, se dappertutto dovesse pagare la terra che usa. Ma ciò non si verifica nella cosiddetta frontiera agricola, l’ampia fascia che separa le terre già intensamente sfruttate dal punto di vista agrozootecnico e quelle che lo sono meno.
Anche l’aumento della produzione agrozootecnica degli ultimi vent’anni, trainato dalla domanda, in primis internazionale, ha causato la ricerca di terre “nuove”. Anche in questo caso, però, se non ci fossero terre da sfruttare quasi gratuitamente 3, il gioco di usare terre nuove non varrebbe la candela, sia per i costi del deforestamento, sia perché queste terre sono molto distanti dai centri di raccolta, con conseguente aumento notevole dei costi. Converrebbe piuttosto usare le stesse terre e aumentare la produttività, cosa che è accaduta in Brasile negli ultimi decenni, ma su cui ci sono ancora margini di miglioramento.
I driver
Ricapitolando: gli incendi sono legati alla deforestazione ed entrambe alla conquista di nuove terre per la produzione agrozootecnica. Quindi vuol dire che una spinta verso l’incremento della produzione agrozootecnica determina più deforestazione e più incendi.
Il grafico che abbiamo mostrato sopra, che mostra la relazione tra variazioni annuali negli incendi, nella deforestazione e nel prezzo di alcuni prodotti agrozootecnici, ci dice qualcosa di diverso: all’aumentare dei prezzi non aumentano incendi e deforestazione.
Questa tendenza è confermata anche allargando lo sguardo a un periodo più lungo (cfr. grafico sottostante, nel quale non appaiono i dati sugli incendi, rilevati solo a partire dal 2002).
Allora, che cosa influenza incendi e deforestazione?
L’analisi del primo grafico, dove sono riportati i presidenti che si sono succeduti e alcune azioni da questi intraprese, sembra dirci che sono soprattutto le politiche pubbliche a influenzare l’estensione dell’area deforestata e bruciata. Ciò è peraltro confermato dalla letteratura (cfr. ad esempio questo articolo accademico del 2015, in portoghese).
L’ambizioso Piano d’azione per la prevenzione e il controllo della deforestazione nell”Amazzonia amministrativa del 2004, ampio e diversificato, unito ad una nuova legge sulle foreste nel 2006, hanno dato risultati visibili. La tendenza inizia però a invertirsi nel 2012, in un panorama politico (e di politiche) profondamente mutato.
A partire da queste considerazioni, è preoccupante la totale assenza di azioni da parte dell’attuale governo: “Il Paese continua a non avere una strategia che sostituisca l’antico Piano, varato nel 2004 e messo in un cassetto dall’attuale governo”, ha dichiarato recentemente in una nota l’Instituto Socioambiental, una delle più prestigiose ONG brasiliane.
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Note
- Rielaborazione sulla base dei seguenti dati: INPE – http://terrabrasilis.dpi.inpe.br/app/dashboard/deforestation/biomes/legal_amazon/rates; INPE – http://queimadas.dgi.inpe.br/queimadas/aq1km/; INPE – http://queimadas.dgi.inpe.br/queimadas/portal-static/estatisticas_paises/; FAO – http://www.fao.org/economic/est/est-commodities/meat/en/; MacroTrends – https://www.macrotrends.net/2531/soybean-prices-historical-chart-data ↩
- In effetti, l’incendio controllato è una pratica colturale antichissima, che risale all’epoca precololombiana. Le finalità sono molteplici; tra queste, rendere il campo coltivabile, trasformare rapidamente la materia organica in nutrienti per le piante, distruggere i parassiti. Perfettamente adeguata quando il rapporto tra persone e terra disponibile è basso, diventa più problematica la terra inizia a scarseggiare ↩
- Questo studio, ad esempio, stima che il costo della deforestazione di un ettaro, al netto delle autorizzazioni, fosse nel 2016 di R$ 2.000 ↩