Negli anni Dieci del Duemila inizia a precisarsi per i servizi sociali territoriali un ruolo nuovo, nel quale acquisisce più importanza il protagonismo delle persone e dei nuclei incontrati e inizia a farsi strada l’idea di un’azione finalizzata più al benessere sociale, che alla presa in carico del singolo caso. Contribuiscono a questi sviluppi molti fattori, tra cui: l’ampliarsi e il diversificarsi delle persone in situazione di difficoltà (non più solo quelle che vivono situazioni di marginalità o impedimenti gravi, ma anche quelle che non arrivano alla fine del mese), la riduzione relativa delle risorse disponibili, il giungere anche nel nostro Paese di paradigmi già da tempo affermati in Europa, come quello dell’attivazione (reinterpretati ad es. nel modello del welfare generativo). Si incrocia con queste vertenti la stagione dell’avvio delle misure nazionali di contrasto alla povertà, inaugurata nel 2016 da Sostegno all’Inclusione Attiva, cui segue la più compiuta politica del Reddito di Inclusione.
In tale quadro alcuni servizi sociali territoriali piemontesi, sensibilizzati dai funzionari della Provincia, vengono coinvolti in un percorso formativo che, partendo dallo spunto delle attività di educazione finanziaria, affronta direttamente il cambiamento di paradigma di cui abbiamo detto. Dopo un primo esperimento, durato un anno, l’azione si amplia, coinvolgendo quasi la metà degli Ambiti Sociali Territoriali della Regione. Il progetto non si estende solo territorialmente, ma anche in termini di scopo, diventando di fatto uno dei primi esperimenti italiani di comunità di pratiche finalizzato a tradurre in azioni concrete quanto prescritto dalla presa in carico multidimensionale prevista dal SIA e dal ReI. L’innovazione dell’esperimento coinvolge sia la tipologia di partecipanti — dirigenti, assistenti sociali educatori dei servizi sociali, funzionari, operatrici e operatori dei Centri per l’Impiego, esponenti del Terzo Settore — sia la metodologia laboratoriale, con esiti anche pratici in termini di strumenti operativi e linee guida, sia la forma di finanziamento — il progetto è infatti reso possibile dai contributi che ciascun ente mette a disposizione, a valere sui fondi PON Inclusione. L’attività si configura anche in termini di advocacy, giungendo a formulare precise raccomandazioni all’Assessore regionale di riferimento. Essa, infine, ospita nel proprio seno degli spin-off, tra cui uno, in particolare, nel quale si sperimenta la valutazione partecipata del ReI ad opera dei beneficiari.
Per una concisa presentazione del progetto, cfr. il minisito ad esso dedicato.