Questo testo è stato scritto per rispondere ad alcuni interrogativi posti dal collega Nazmul Ahsan (Senior Program Officer at ActionAid Bangladesh). Ho pensato potesse essere utile per chiarire alcune questioni in gioco nel nostro lavoro programmatico.
Un’alternativa economica può creare un’alternativa credibile basata sui diritti umani? I due aspetti sono complementari o uno si aggiunge all’altro?
In primo luogo, penso sia necessario definire i termini. Nel manuale di ActionAid People’s Action In Practice, riguardante l’approccio basato sui diritti umani (disponibile qui in inglese: ) c’è solo la definizione dell’alternativa economica al femminile, che è definita come “una soluzione innovativa che intende dare risposta allo squilibrio di genere che caratterizza il sistema economico presente (sia al livello micro che macro) e che riconosce il valore del lavoro di cura non pagato”, mentre le alternative sono definite come “idee che aumentano il raggio dei nostri interventi presenti o dei nostri modelli – promettendo qualcosa di diverso per il futuro, qualcosa di positivo, qualcosa che cambia i sistemi”.
In questo quadro, dobbiamo considerare un’alternativa economica solo un cambiamento strutturale, ad es. un sistema fiscale più equo? Più avanti, nel manuale, il raggio dell’alternativa economica è un po’ ristretta; leggiamo: “Molto del nostro lavoro di promozione di alternative economiche per le donne sarà indirizzata alle giovani donne, riducendo le molteplici responsabilità di lavoro di cura che esse si sobbarcano e aiutandole a trovare nuove forme di [generazione di] reddito sostenibile”.
Possiamo pertanto dire che le alternative economiche e le alternative basate sui diritti sono intrecciate e complementari. Sono intrecciate perché, per esempio, un sistema di imposte più giusto è sia un’alternativa economica, sia un’alternativa basata sui diritti; lo stesso si può dire per una misura universale di sostegno al reddito.
Complementari perché, per esempio, rafforzare delle piccole imprese portate avanti da chi è in situazione di povertà è un’alternativa economica (volta a superare la condizione di povertà), che, insieme ad altre alternative (come rafforzare l’occupabilità delle persone), è necessaria ma non sufficiente per superare la povertà. Per esempio, non tutti possono iniziare un’attività economica, o trovare un lavoro decente, magari per ragioni di salute, di età o per qualche tipo di discriminazione.
Al tempo stesso, le alternative basate sui diritti sono necessarie, ma anch’esse non sono sufficienti. Un reddito minimo è utile a creare una sicurezza per persone in situazione di povertà, ma non è una risposta per un giovane o un adulto che vuole un lavoro. Un altro esempio: un sistema sanitario universale è una alternativa basata sui diritti fondamentale, molto utile ad evitare che le persone cadano in povertà, ma non è sufficiente in sé per combattere la povertà delle famiglie.
L’alternativa economica incide sulle cause strutturali della povertà?
In qualche modo l’ho indicato sopra, mostrando come le alternative economiche e le alternative basate sui diritti sono intrecciate.
E’ evidente che le micro-alternative economiche non cambiano il sistema, ma inseriscono alcune nel persone nel sistema; sono alternative in quanto cambiano – o possono cambiare – i rapporti di potere.
Posso aggiungere che, da un punto di vista empirico e storico, le due componenti si retroalimentano: le persone che migliorano la propria condizione economica, probabilmente lotteranno per i propri diritti (non solo economici), laddove i diritti civili, politici e sociali universali mettono le persone nelle condizioni di avere alternative economiche.
Quali sono gli aspetti che dobbiamo assicurare nel nostro lavoro volto a creare alternative economiche?
Penso che questa domanda sollevi una gran mole di questioni, ma cerco di rispondere con tre punti:
1) Le alternative economiche, sia nel senso ristretto, sia in quello ampio, devono essere efficaci. Se una famiglia avvia un’attività economica, deve essere sostenibile nel lungo periodo e permettere veramente alla famiglia di non essere più povera.
2) Le alternative economiche devono essere “buone” da un punto di vista ambientale e sociale. Questo punto certamente si scontra molto spesso con il primo, ma un’alternativa economica ingiusta non è, per definizione, un’alternativa.
3) Detto ciò, il “problema” delle alternative economiche (e, penso, di gran parte di ciò che succede nel regno dell’economia) è che la molti cambiamenti – non tutti, ma molti – sono positivi per alcuni e negativi per altri, almeno in termini comparativi. Questo punto deve essere tenuto a mente, benché sia impossibile fare qualcosa in questo campo cercando di risolverlo.